All’atto pratico, come l’elettromagnetismo parte dalle leggi di Maxwell, la dinamica classica parte dalle equazioni di Lagrange, che a loro volta sono semplicemente una riscrittura delle leggi di Newton in forma generale e universale, cioè che non dipende dal sistema di riferimento e di coordinate (es. cartesiane o polari), ottenibile mediante la derivazione di un’unica funzione scalare, chiamata appunto lagrangiana.
Questo aspetto, attraverso la formulazione hamiltoniana che ne deriva e che vedremo successivamente, è essenziale in meccanica quantistica perché mette in luce il formalismo algebrico della cinematica e della dinamica, formalismo utilizzato più volte nella teoria. Quindi ci tocca sbatterci un po’ la testa, temo.
Ma prima di cominciare, ci serve qualche nozione iniziale.
Partiamo da Newton
Supponiamo di avere un sistema in cui un punto materiale si muove, rispetto ad esso, di moto rettilineo uniforme. In questo sistema, più specificatamente chiamato sistema di riferimento inerziale vale la legge di Netwon che ne regola il movimento:
\[ma = F\]e, più in generale con N punti materiali vale per ognuno:
\[m_ka_k = F_k (k=1,\dots N)\]Poiché l’accelerazione è la derivata seconda della posizione, ne consegue che la legge di Newton non è una equazione qualunque, ma è una equazione differenziale di secondo ordine dove l’incognita è x(t) e dove vi compare, nell’equazione anche attraverso le sue derivate:
\[\dot{x}(t) = \frac{dx}{dt}(t), \ddot{x}(t) = \frac{d^2x}{dt^2}(t)\]che ci consentono di esprimere l’equazione di Newton in forma esplicitamente differenziale:
\[\ddot{x}(t) = \frac{1}{m}F(x, \dot{x}, t)\]Il principio di determinismo che regola la meccanica classica ci consene di scrivere che, assegnata una forza F, ogni soluzione dell’equzione di Newton è univocamente individuata dalle condizioni iniziali del sistema.
\[x(0) = x_0, \dot{x} = v_0\]ovvero la posizione e la velocità iniziale a \(t_0\).
Il motivo per cui Newton ritenne che il moto fosse determinato dalla posizione e dalla velocità iniziali è dovuto al fatto che l’equazione fosse descrivibile mediante sviluppo in serie e, pertanto, come soluzione di certe equazioni differenziali con particolari scelte dei dati iniziali (per i quali è anche possibile estrarre il relativo ritratto). È il teorema di Cauchy-Kowalewska, ma avrò pietà e non lo approfondiremo in questa sede. Piuttosto,c ominciamo a parlare di energia.
Il teorema dell’energia
Supponiamo di avere un sistema composto da un unico punto materiale soggetto a una forza F(x, v, t), ovvero genericamente dipendente dalla velocità, dalla posizione nello spazio e dal tempo. Il teorema dell’energia cinetica afferma che l’energia cinetica posseduta da un corpo è pari all’energia cinetica iniziale più il lavoro compiuto da una forza che agisce sul corpo stesso lungo una determinata traiettoria.
In termini meccanici, l’energia cinetica T è espressa come:
\[T = \frac{1}{2}mv^2 = \frac{1}{2}mv v\]che, derivato rispetto al tempo,
\[\frac{d}{dt}\frac{1}{2}m(v v) = 2v m\frac{dv}{dt} = ma \Rightarrow\] \[\dot{T} = F v \tag{*}\]La detivata \(\dot{T}\) dell’energia rappresenta la potenza della forza mentre la forma integrale
\[T(t_1) - T(t_0) = \int_{t_0}^{t_1} Fv dt \tag{**}\]è il lavoro della forza.
Quindi, come volevasi dimostrare, le due forme (*) e (**), ovvero le forme differenziale e integrale dell’espressione, ci consentono di affermare che:
- Il tasso di variazione dell’energia cinetica è pari alla potenza della forza;
- La variazione netta dell’energia cinetica è pari al lavoro della forza.
Ovviamente stiamo assumendo che (come avviene nella stragrande maggioranza dei casi) la massa m sia costante; per la legge di Newton, la forza impressa sul corpo ne farà variare solo la velocità.
Supponiamo che sul corpo agisca una forza posizionale; non, quindi, una generica forza \(F(x, v, t)\), ma una forza che dipende solo dalla posizione nello spazio in cui è applicata \(F = F(x)\). Poiché la foza permea, con la sua distribuzione, tutto lo spazio genera, appunto, un campo vettoriale di forze (ovvero una legge che assegna una forza meccanica ad ogni punto dello spazio).
In questa circostanza, l’integrale in (**) dipende solo dalla traiettoria seguita dal punto materiale nell’intervallo di tempo \(t_0, t_1\); chiamiamo questa traiettoria \(\gamma\).
\[T(t_1) - T(t_0) = \int_{\gamma}{F(x) dx}\](perché data la funzione di movimento \(x = x(t)\), all’incremento infinitesimo si ha \(dx = vdt\)).
Se il campo di forze oltre a essere posizionale è conservativo, si dice che la funzione ammette potenziale, cioè che esiste una funzione \(V(t)\) tale che
\[F = -gradV \Rightarrow F_x = -\frac{dV}{dx}, F_y = -\frac{dV}{dy}, F_z = -\frac{dV}{dz}\]La funzione V è chiamata energia potenziale e il campo è definito conservativo perché in queste condizioni vale la legge di conservazione dell’energia (o Teorema dell’Energia) che dice che, chiamata energia la quntità
\[E = T + V\](cioè la somma di energia cinetica e potenziale)
per un qualunque movimento \(x = x(t)\) soluzione dell’equazione di Newton \(ma = F\), si ha
\[\dot{E} = 0\]Questo è vero nella misura in cui
\[Fv = -\frac{dV}{dt} \frac{dx}{dt} = -\frac{dV}{dt} = -\dot{V}\]Sostituendo nel teorema dell’energia cinetica visto a inizio paragrafo
\[\dot{T} = Fv \Rightarrow \dot{T} = -\dot{V} \Rightarrow\] \[\frac{d}{dt}(T + V) = 0\]Per come è formulato, il Teorema dell’Energia vale per forze che variano nello spazio con legge x(t) ed è, inoltre, una legge invariante. Al variare del sistema di riferimento inerziale considerato, infatti, variano le espressioni per l’energia, ma il suo gradiente complessivo è sempre identicamente nullo, così come può variare l’espressione per il lavoro, ma esso rappresenta, sempre e in ogni sistema, l’energia trasferita da un corpo a un altro attraverso l’applicazione di una forza.
Le costanti di moto
L’energia, essendo una quantità dinamica, è una funzione definita nello spazio degli stati \(E = E(x, v)\) e, poiché, in ogni punto dello spazio degli stati passa un unico vettore (originato dalle condizioni iniziali $$ x_0, v_0) che è soluzione dell’equazione di Newton, allora si può esplicitare la dipendenza
\[E(t) = E(x(t), v(t))\]che, derivata rispetto al tempo ricordando che \(E = T(v) + V(x)\)
\[\dot{E} = \frac{dT}{dv}a + \frac{dV}{dx}v = mva - Fv = v(ma - F) = 0\](il valore della precedente è zero perché ci muoviamo nel luogo delle soluzioni dell’equazione di Newton)
Le variabili dinamiche che godo di questa proprietà di invarianza rispetto a un movimento (in un sistema inerziale) sono dette costanti di moto. L’energia E, che mantiene inalterato il proprio valore lungo qualsiasi movimento \(x = x(t)\) che sono soluzioni dell’equazione di Newton è, evidentemente, una di esse.
Costanti di moto e ritratti in fase
Come abbiamo detto in un precedente articolo, il ritratto in fase “fotografa” la dinamica del sistema (x, v) a partire dalle diverse condizioni iniziali \((x_0, v_0)\). Questi valori iniziali, a loro volta, determinano un valore iniziale invariante di energia \(E_0\), tant’è che il principio di conservazione dell’energia fa riferimento proprio a questo valore iniziale di energia, ovvero
\[E = T + V = E_0\]Questo significa che i movimenti nel ritratto in fase sono distribuiti in “fogli” stratificati sui diversi livelli di energia iniziale, invariante, \(E_0\). Per questo motivo, queste superfici sul diagramma delle fasi sono chiamate superfici di livello dell’energia.
Ora, non voglio insistere nella trattazione di argomenti di meccanica, ma questo formalismo razionale ci sarà utile in ambito hamiltoniano. Che, a sua volta, ci consente di trovare una correlazione nel corrispettivo concetto quantistico, tutt’altro che intuitivo.
Prendete, quindi, questo articolo come un ostico, ma utile, approfondimento formale per meglio capire i concetti che verranno in seguito. E possiate perdonarmi!